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25 - Don Michele Ponza, e i vocabolari tascabili del dialetto piemontese

25 - Don Michele Ponza, e i vocabolari tascabili del dialetto piemontese

Nato a Cavour nel 1772, insegnante nelle scuole torinesi, egli è autore del noto dizionario Piemontese – Italiano che, dal 1827 in poi, ebbe diverse riedizioni di cui l’ultima nel 1992. Prefetto della Scuola di Porta Nuova di Torino, per molti anni attese alla compilazione de “L’annotatore Piemontese”, giornale letterario di cui fu lodevole lo scopo di promuovere lo studio ed il buon uso della lingua italiana fra le classi medie e popolari del Piemonte carlo–albertino, in gran parte ancora mono lingue, cioè con la sola conoscenza del dialetto per le forme di comunicazione.
 
Scrisse fra l’altro:
 
“…egli è fuor d’ogni dubbio che fra le cagioni per cui la Lingua italiana non solo non fiorisce, ma è per così dire strapazzata in alcuni paesi ove non è succhiata col latte della nutrice, né parlata, vuolsi annoverare la mancanza di Vocabolarj in dialetto…” per cui il suo Vocabolario doveva “…servire agli apprendisti la Lingua Italiana…”offrendo solamente “…il puro necessario per la translazione delle voci piemontesi nell’italiana favella, e ciò ad intendimento di non aggravare la spesa nei primordj de’ loro studj”.
 
Per quanto riguarda il modo di scrivere le parole del nostro dialetto, egli scelse il metodo della semplicità evitando “…tanti segni, e sulle vocali, e sulle consonanti,buoni soltanto ad abbagliare gli occhi e confondere la mente de’ leggitori, ed affatto utili ai piemontesi, i quali, imbattendosi in qualche parola in dialetto, non possono non pronunziarla e leggerla al primo gettarvi sopra gli occhi, colle inflessioni proprie del loro linguaggio, fattesi ad essi connaturali, per averle apprese, per così dire, sin dalle fasce…”
 
Nello scrivere il suo Vocabolario, non dimenticò un certo impegno morale, affermando di aver “… posto ogni cura affinché uscisse mondo assolutamente d’ogni voce e frase atta a risvegliare idee men che decenti e pudiche, escludendo senza riserbo tutte quelle voci e frasi di simil fatta che veggonsi registrati in parecchi Vocabolarj; e se altri pregi mancheranno a questa mia opera, avrassi almen questo, che tu lo potrai accordare ai figliuoli e alle figliuole tue qual sussidio a stendere i loro concetti con termini propii italiani, senza che tu n’abbia a temere per essi que’ danni che, coi lessici di alcuni dialetti d’Italia e di altre lingue, si possono per i giovanetti incontrare…”.
 
Definì la Rocca “…il monte di Cavour, mia patria, celebrato fra i geologi…”
 
Morì a Torino nel 1846.
 
A Cavour gli è stata intitolata una via nelle immediate vicinanze del centro storico.

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