128 - 1964-2014: Cinquant'anni fa, l'ultimo grande restauro dell'Abbazia di Santa Maria
‘’ Minaccia rovina una fra le più antiche chiese cristiane: pericolante ed inibita al pubblico l’ Abbazia di Santa Maria di Cavour’’.
Così titolava fra glia altri la Gazzetta del Popolo del 2 agosto 1959.
In quegli stessi giorni il Comune di Cavour aveva fatto affiggere nelle adiacenze dell’ Abbazia stessa, avvisi in cui se ne vietava l’ ingresso al pubblico.
La Soprintendenza ai Monumenti del Piemonte, pure sollecitata dal Comune, aveva già provveduto a far asportare travi in bilico e massi pericolanti, onde evitare ulteriori crolli di murature, ma ora era particolarmente necessaria e urgente la ricostruzione del tetto (in più punti non più esistente), al fine di impedire alle acque piovane di continuare a disgregare muri e volte.
Per far fronte ai lavori di prima urgenza (che una perizia preventiva di massima aveva quantificato in una spesa non indifferente di 5 milioni di lire), l’ Amministrazione comunale, nel 1961, guidata dal rag. Silvio Fenoglio (allora il sindaco più giovane d’ Italia e sindaco a Cavour per la prima volta), interpella enti e privati affinché concorrano a coprire tale cifra, scongiurando così il crollo e la rovina dell’ Abbazia e della cripta.
I restauri verranno ufficialmente inaugurati il 6 settembre 1964, col saluto iniziale del vicario Don Mario Amore alle autorità locali, governative ed ecclesiastiche.
Oratore ufficiale sarà l’ avv. Amedeo Peyron, già sindaco di Torino e cavourese di adozione, che nel 1928 (ben 36 anni prima!), su incarico del prof. Eugenio Olivero, aveva curato una ricerca storica sull’ Abbazia per illustrarne l’ importanza e, nello stesso tempo, denunciarne il pericoloso abbandono alla Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti.
L’ Abbazia, lo ricordiamo, era stata definitivamente soppressa nel 1867, in ottemperanza alle leggi che abolivano le congregazioni religiose e, conseguentemente, era stata venduta all’asta con i suoi superstiti beni, rimanendo così in balia degli eventi.
L’avv. Peyron, nella sua orazione, ricordava fra l’ altro, i difficili incontri con il contadino allora proprietario del fatiscente complesso abbaziale, che, puntualmente, ad ogni tentativo di persuasione a cedere quel ‘’monumento artistico di rara bellezza,, per riportarlo ‘’ all’ onore del mondo’’, gli rispondeva in dialetto piemontese ‘’ ambrojè, a m’ ambröja nen, a m’ serv ancora për buté quaich baterie a la sosta!,, (Vent’ anni dopo, comunque, il sig. Barotto Michele, avrebbe donato la chiesa al Comune).
Contribuirono a finanziare il restauro, oltre che all’ Amministrazione Comunale, la Sopraintendenza ai Monumenti del Piemonte e, attraverso essa, lo Stato (Ministero della Pubblica Istruzione), la Cassa di Risparmio di Torino, la Camera di Commercio di Torino, l’ Amministrazione Provinciale di Torino, la FIAT, la STIPEL, l’ Ente Provinciale per il Turismo, la Società OLIVETTI , L’ Istituto Bancario San Paolo di Torino, la Società P.C.E., la Società SPEME di Venasca, l’ I.N.G.I.C., la Banca di Cavour, il Comune di Bagnolo.
Hanno curato e seguito i lavori fra gli altri, i sopraintendenti prof.arch. Umberto Chierici, il prof.arch. Ercole Checchi, la prof.ssa Noemi Gabrielli, il prof.arch. Giuseppe Carducci.
Le piccole betulle che ‘’svettavano sulle scoperchiate volte della chiesa’’ furono rimosse con cura e ‘’messe a dimora nel prato nei pressi del muro di cinta verso la strada’’: peccato che non siano attecchite altrimenti avremmo potuto ancora oggi ammirarle in un bel boschetto!
‘’Londolfo- aveva concluso l’ avv. Peyron nella sua lunga e significativa orazione- aveva fondato l’ Abbazia perché qui si lavorasse e si pregasse, qui nuovamente si lavorerà e si pregherà’’.
A pochi giorni dall’ inaugurazione del restauro e dalla riapertura al culto, l’ Abbazia sarà scelta come sede di studio del 32° Congresso Storico Subalpino e del 3° Congresso di Storia della Chiesa in Italia.
Anche la principessa Paola di Liegi, ospite a Campiglione del Marchese di San Germano, visiterà, per l’ occasione, l’ Abbazia.